I social italiani trattano molto il tema dell’influenza stagionale, ma lo fanno parlando soprattutto di cura e poco di prevenzione. Solo il 19,5% degli italiani dichiara infatti di fare prevenzione dall’influenza, mentre il 15,5% parla esplicitamente di vaccino antinfluenzale. Una percentuale ancora bassa, che però nel 2016 è aumentata di quasi 3 punti percentuali rispetto al 2015. Diminuisce invece di circa 5 punti la fetta di utenti che afferma di non curarsi né di fare prevenzione, oggi pari al 24,1%.
Ecco i primi dati della fotografia che Voices from the Blogs, spin-off dell’Università Statale di Milano ha scattato grazie all’analisi di oltre 700 mila post, news e pagine pubblicate in rete dal 1 settembre al 15 novembre 2016, messi a confronto con quelli pubblicati nello stesso periodo dell’anno scorso. “In generale, i forum sono associati alle discussioni sui farmaci perché è il luogo virtuale in cui chiedere consigli pratici per curare lo stato influenzale, mentre nei social network prevale l’aspetto di prevenzione”, spiega Andrea Ceron, docente di Scienza Politica all’Università di Milano e coordinatore dell’indagine. “Oltre il 56% delle volte in cui si parla di influenza si citano farmaci e cure e solo nel 19,5% si cita la prevenzione”, conclude Ceron. La scarsa attitudine verso la protezione allarma gli esperti, soprattutto quest’anno.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto che quest’inverno circoleranno due nuovi virus – A/Hong Kong/4801/2014 (H3N2) e B/Brisbane/60/2008 – e che quindi l’influenza potrà essere più aggressiva. Particolarmente esposti sono gli over 65, la categoria più colpita dal virus di tipo A e che rischia complicanze importanti come la polmonite. A loro, e ad altri soggetti a rischio, è dedicata la campagna di vaccinazione partita alla fine dell’ottobre scorso. “Negli ultimi anni si è registrato un progressivo calo delle vaccinazioni, soprattutto nella popolazione anziana, ma a partire dall’anno scorso la curva si sta rialzando. Nonostante questo, però, siamo ancora piuttosto lontani dall’obiettivo di vaccinare il 75% della popolazione target, come raccomandato dal Ministero della Salute. Ad esempio nella stagione 2015-2016 abbiamo raggiunto solo il 50% circa” spiega Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Istituto Superiore di Sanità. “Gli ultimi dati della rilevazione Influnet, aggiornati al 16 novembre, mostrano un progressivo aumento dei casi di malattie riconducibili a stati influenzali e parainfluenzali, che hanno superato quota 189.000. Non siamo ancora in grado di sapere quanti di questi casi siano dovuti al virus dell’influenza. Sappiamo però che il picco del contagio è atteso fra dicembre e gennaio e che le categorie a rischio sono ancora in tempo per proteggersi con la vaccinazione”.
D’altronde i vantaggi del vaccino sono chiari anche nel mondo dei social. Secondo l’analisi “Social Flu”, l’atteggiamento nei confronti del vaccino antinfluenzale è prevalentemente positivo (50,2%) o neutrale (38,8%). Tra chi esprime chiaramente un’opinione positiva, il 26,8% mette in evidenza la capacità del vaccino di limitare il contagio, il 24,2% dichiara di non ammalarsi più, il 17,8% sostiene che sia importante per gli anziani. “La nostra esperienza ci mostra come la comunicazione, basata sul rapporto fiduciario tra medico di famiglia e paziente, può giocare un ruolo essenziale nell’aumentare la cultura delle prevenzione”, afferma Tommasa Maio, Responsabile Area Vaccini FIMMG. “Ma non solo: è essenziale che il medico, a fronte di un’analisi del quadro clinico del paziente che ha di fronte, possa scegliere il vaccino più adatto ed efficace per quel tipo di soggetto”. Continua Maio: “Il concetto è molto semplice: a ciascuno spetta il proprio vaccino. Si tratta di una questione di appropriatezza. Se sono una persona anziana, fragile, con altre malattie concomitanti come il diabete, ho bisogno di essere protetto con vaccini che potenzino la mia risposta immunitaria. Il medico di famiglia deve poter scegliere in scienza e coscienza lo strumento vaccinale che ritiene essere il più appropriato, e quindi efficace, tra quelli predisposti dalle Regioni”, conclude la dottoressa.
Gli anziani che frequentano il web, peraltro, sembrano avere opinioni più decise della popolazione generale: l’indagine di Voices from the Blogs individua una quota di commenti positivi del 69%, sostenuti dall’idea che il vaccino sia importante proprio per la loro fascia di età (33,7%), che diminuisca il rischio di complicanze (25,8%) e la mortalità (25,1%). Il sentiment negativo, invece, riguarda gli effetti collaterali (50,3%), la paura che il vaccino porti malattie più serie (26,3%), mentre un 23,4% sostiene che sia utile solo per gli anziani particolarmente fragili. “Si tratta naturalmente di false paure”, commenta Michele Conversano, igienista e Presidente HappyAgeing “gli studi scientifici e la pratica clinica hanno dimostrato nel corso degli anni la sicurezza e la tollerabilità dei vaccini antinfluenzali. Pensiamo ad esempio al vaccino adiuvato che viene utilizzato in Italia da quasi 20 anni, la cui sicurezza è provata da test effettuati su oltre 40 mila persone. Per non parlare poi del profilo di tollerabilità, confermato dalle oltre 80 milioni di dosi distribuite in tutto il mondo”. Proteggere gli anziani dalle complicanze dell’influenza è uno degli obiettivi principali della campagna di vaccinazione: ogni anno, infatti, si stima che circa 8mila persone muoiono a causa di condizioni di salute in qualche modo aggravate dalla presenza dell’infezione influenzale.
Tra i vaccini a disposizione, quello adiuvato con MF59 si è dimostrato il più efficiente nel proteggere gli anziani e quindi anche nell’abbassare il rischio di complicazioni. Se ne parla su Internet? Poco, e ancora di meno sui social. Un segnale che denota una distanza tra il percepito comune e le ragioni della scienza medica, resa più evidente dai dati di letteratura che mostrano che i vaccini proteggono in maniera diversa differenti popolazioni. “In particolare, negli anziani, il vaccino influenzale adiuvato ha dimostrato di evocare una risposta immunitaria significativamente superiore rispetto ai vaccini trivalenti convenzionali. La vaccinazione adiuvata, inoltre, produce una risposta anche nei confronti di ceppi influenzali non inclusi nella formulazione del vaccino, ma che circolano durante l’inverno. In questo modo, si riesce a ridurre del 25% il rischio di ricovero ospedaliero per influenza e polmonite negli over 65”, dice Michele Conversano.“Alla luce della sua efficacia, tollerabilità e sicurezza e in un’ottica di appropriatezza vaccinale, il vaccino adiuvato deve essere considerato lo strumento preventivo d’elezione nella fascia over 65”.